domenica 23 settembre 2012

"Quarto Fronte".
Tenere in conto aspettative, bisogni ed esigenze diverse
nella formulazione di un'altra economia. 
Il "conflitto" sembra essere stato neutralizzato da una serie di meccanismi che agiscono, prevalentemente e preventivamente a livello internazionale, dunque ben al di là dell'orizzonte di una qualsiasi lotta e di macrostrutture aggregate a livello nazionale (è forse per questo che lo sciopero generale o qualsiasi altra forma di "conflitto" "tradizionale" sembrano essere -sono di fatto- armi spuntate?). La messa a punto di particolari meccanismi internazionali ha reso sterile il conflitto in ambiti nazionali, al punto che contestazioni come quella in Grecia, dove oltre il 90% della popolazione ha partecipato con una radicalità da rivoluzione incipiente, non sembrano capaci di generare nessun risultato apprezzabile. I "padroni del mondo" continuano tranquillamente a procedere come un "rullo compressore", senza avere, nemmeno, alcun timore per quel che i greci, praticamente una intera popolazione (inclusa peraltro, e questo rappresenta un elemento di novità, la borghesia stessa), hanno messo in campo! Non sembrerebbe ,altresì, capace di produrre alcun risultato, "inseguire" il capitale a livello sovranazionale, costruendo strutture anch'esse internazionali. Tale strada non sembra percorribile, trovandosi di fronte un ostacolo insormontabile: la complessità. A fronte di questa situazione, foriera di forme di fascismo vecchio e nuovo, risulta ancora più necessario aprire un "quarto fronte", porre in campo strutture economiche "diffuse" e capaci di implementare, al limite, un tipo di democrazia economica diretta.
È molto più semplice mettere d'accordo qualche decina di persone che miliardi con tradizioni, consuetudini e lingue diverse. Inoltre anche se questo fosse possibile, il risultato di tutto ciò sarebbe ancora un confronto che si limita al solo livello politico e che pertanto rischia di fare, nell'ipotesi migliore, la stessa fine delle rivoluzioni comuniste realizzate fino ad ora.
In che modo è possibile "disegnare" una struttura economica "alternativa"?
Naturalmente qualsiasi tentativo di costruzione di una economia comunista, per definizione, non può essere che totalmente sostenibile. Soltanto una economia totalmente sostenibile può essere presa in considerazione. Quello che la terra può offrire senza essere sistematicamente impoverita, avvelenata o umiliata rappresenta l'unica base possibile su cui è possibile costruire economia. Un ecosistema integro ed incontaminato è la cosa più importante in assoluto. Soltanto un pazzo maniaco suicida (i Rapa Nui sono un esempio emblematico) può pensare di costruire, data la consistenza demografica raggiunta, un sistema economico che prescinda dall'ambiente. Nessuna ragione, di nessun tipo e men che mai di tipo economico può causare inquinamento del mare, dell'aria o della terra. La possibilità di bagnarsi in un mare incontaminato o la possibilità di respirare aria pura o poter fare affidamento su una terra e cibo integri non ha prezzo. L'ecosistema non può essere in alcun modo oggetto di compromesso alcuno.
L'obiettivo "a ciascuno secondo i propri bisogni" sembra essere, al momento, troppo avanzato. Un obiettivo "intermedio" potrebbe essere: "a ciascuno secondo il proprio lavoro" (in una fase di transizione questo tipo di criterio eliminerebbe derive come quelle che si sperimentano ad esempio nelle cooperative o in strutture economiche "alternative"). Sarebbe comunque un bel risultato: eliminerebbe il profitto anche se non realizzerebbe una società di eguali e, anche se dovesse fallire, si sarebbe trattato di un evento incruento capace di conseguire, comunque, come minimo, una più diffusa democrazia economica.
È possibile definire esattamente quanta parte di ricchezza prodotta va a ciascun individuo in base a quanto quell'individuo ha contribuito alla ricchezza complessiva? per fare questo è necessario innanzitutto mettere a punto uno strumento capace di non tenere conto delle variazioni dei prezzi -che non variano tutti nella stessa direzione, ma gli uni rispetto agli altri. Una volta eliminato questo tipo di interferenza, è necessario comunque uno strumento che consenta di attribuire, in termini reali, a ogni individuo quel che quell'individuo stesso è stato capace di produrre. Uno strumento di questo tipo è già disponibile, ed è l'economia sraffiana.
Accanto a questo sarebbe necessario poter disporre di un sostrato che consenta di organizzare concretamente gli individui -le masse proletarie, i marginali, "gli esuberi", i disoccupati, i precari- su base essenzialmente territoriale. Il gruppo organizzato territorialmente è il solo strumento capace di ridurre la distanza tra obiettivi individuali e obiettivi aggregati, dato che questi, sfortunatamente, risultano essere, nella logica alienante individualista, in contraddizione tra loro. L'unico antitodo al conseguimento di "vantaggi" individuali a scapito di quelli "aggregati" -le cosiddette "diseconomie esterne"- è proprio il "gruppo" organizzato territorialmente, cioè una struttura capace di integrare e rendere gli individui partecipi e attivamente pronti a tutelare l'ambiente e lo spazio virtuale che si crea attorno ad una struttura territoriale riconosciuta come parte integrante del "se" collettivo, capace di riconoscere come propria l'integrità e del gruppo e del territorio. A questo proposito sembrerebbe necessario fondare un nuovo tipo di agglomerato, il gruppo aperto. Finora si è conosciuto un solo tipo di gruppo, quello chiuso, capace, al contrario di quello aperto, di provocare disastri ambientali a fronte di privilegi per pochi, secondo il criterio infame secondo cui se produco un beneficio a pochi a fronte di un disastro che dovranno pagare in molti ho procurato un "lauto guadagno", una enorme differenza tra ricavi e costi, per quei pochi. Gli esempi di gruppi chiusi vanno dal micro al macro. Sono esempi di gruppi chiusi i soci di una srl, un club esclusivo per soli miliardari, una istituzione finanziaria, una multinazionale, una ONG con lo scopo di creare "geopolitiche"...
Il gruppo aperto, che è pur sempre un gruppo, si caratterizza per la messa in comune della conoscenza, del cosiddetto "know-out" e per l'incondizionata disponibilità ad indicare ad altri come costruire concretamente nuovi gruppi economici aperti, prendendo esempio da quella meravigliosa esperienza che è il software libero che può essere fatto rientrare tra ciò che è genuinamente pubblico senza essere amministrato o creato o gestito da organi dell'"esecutivo".
Un ultimo meccanismo necessario al corretto funzionamento di una economia sana consiste nel prevedere che tutto ciò che viene prodotto, a prescindere che si tratti di beni di consumo o di investimento, deve essere "allocato" ex-ante.