"Quarto Fronte".
Tenere in conto aspettative, bisogni ed esigenze diverse
nella formulazione di un'altra economia.
Il
"conflitto" sembra essere stato neutralizzato da una serie di
meccanismi che agiscono, prevalentemente e preventivamente a livello
internazionale, dunque ben al di là dell'orizzonte di una qualsiasi
lotta e di macrostrutture aggregate a livello nazionale (è forse per
questo che lo sciopero generale o qualsiasi altra forma di "conflitto"
"tradizionale" sembrano essere -sono di fatto- armi spuntate?). La messa a punto di
particolari meccanismi internazionali ha reso sterile il conflitto in
ambiti nazionali, al punto che contestazioni come quella in Grecia, dove
oltre il 90% della popolazione ha partecipato con una radicalità da
rivoluzione incipiente, non sembrano capaci di generare nessun risultato
apprezzabile. I "padroni del mondo" continuano tranquillamente a
procedere come un "rullo compressore", senza avere, nemmeno, alcun
timore per quel che i greci, praticamente una intera popolazione
(inclusa peraltro, e questo rappresenta un elemento di novità, la
borghesia stessa), hanno messo in campo! Non sembrerebbe ,altresì,
capace di produrre alcun risultato, "inseguire" il capitale a livello
sovranazionale, costruendo strutture anch'esse internazionali. Tale
strada non sembra percorribile, trovandosi di fronte un ostacolo
insormontabile: la complessità. A fronte di questa situazione, foriera
di forme di fascismo vecchio e nuovo, risulta ancora più necessario aprire un "quarto fronte",
porre in campo strutture economiche "diffuse" e capaci di implementare,
al limite, un tipo di democrazia economica diretta.
È molto più
semplice mettere d'accordo qualche decina di persone che miliardi con
tradizioni, consuetudini e lingue diverse. Inoltre anche se questo fosse
possibile, il risultato di tutto ciò sarebbe ancora un confronto che si
limita al solo livello politico e che pertanto rischia di fare,
nell'ipotesi migliore, la stessa fine delle rivoluzioni comuniste
realizzate fino ad ora.
In che modo è possibile "disegnare" una struttura economica "alternativa"?
Naturalmente
qualsiasi tentativo di costruzione di una economia comunista, per
definizione, non può essere che totalmente sostenibile.
Soltanto una economia totalmente sostenibile può essere presa in
considerazione. Quello che la terra può offrire senza essere
sistematicamente impoverita, avvelenata o umiliata rappresenta l'unica
base possibile su cui è possibile costruire economia. Un ecosistema
integro ed incontaminato è la cosa più importante in assoluto. Soltanto
un pazzo maniaco suicida (i Rapa Nui sono un esempio emblematico) può
pensare di costruire, data la consistenza demografica raggiunta, un
sistema economico che prescinda dall'ambiente. Nessuna ragione, di
nessun tipo e men che mai di tipo economico può causare inquinamento del
mare, dell'aria o della terra. La possibilità di bagnarsi in un mare
incontaminato o la possibilità di respirare aria pura o poter fare
affidamento su una terra e cibo integri non ha prezzo. L'ecosistema non
può essere in alcun modo oggetto di compromesso alcuno.
L'obiettivo
"a ciascuno secondo i propri bisogni" sembra essere, al momento, troppo
avanzato. Un obiettivo "intermedio" potrebbe essere: "a ciascuno
secondo il proprio lavoro" (in una fase di transizione questo tipo di
criterio eliminerebbe derive come quelle che si sperimentano ad esempio
nelle cooperative o in strutture economiche "alternative"). Sarebbe
comunque un bel risultato: eliminerebbe il profitto anche se non
realizzerebbe una società di eguali e, anche se dovesse fallire, si
sarebbe trattato di un evento incruento capace di conseguire, comunque,
come minimo, una più diffusa democrazia economica.
È possibile
definire esattamente quanta parte di ricchezza prodotta va a ciascun
individuo in base a quanto quell'individuo ha contribuito alla ricchezza
complessiva? per fare questo è necessario innanzitutto mettere a punto
uno strumento capace di non tenere conto delle variazioni dei prezzi
-che non variano tutti nella stessa direzione, ma gli uni rispetto agli
altri. Una volta eliminato questo tipo di interferenza, è necessario
comunque uno strumento che consenta di attribuire, in termini reali, a
ogni individuo quel che quell'individuo stesso è stato capace di
produrre. Uno strumento di questo tipo è già disponibile, ed è
l'economia sraffiana.
Accanto a questo sarebbe necessario poter
disporre di un sostrato che consenta di organizzare concretamente gli
individui -le masse proletarie, i marginali, "gli esuberi", i
disoccupati, i precari- su base essenzialmente territoriale. Il gruppo
organizzato territorialmente è il solo strumento capace di ridurre la
distanza tra obiettivi individuali e obiettivi aggregati, dato che
questi, sfortunatamente, risultano essere, nella logica alienante
individualista, in contraddizione tra loro. L'unico antitodo al
conseguimento di "vantaggi" individuali a scapito di quelli "aggregati"
-le cosiddette "diseconomie esterne"- è proprio il "gruppo" organizzato
territorialmente, cioè una struttura capace di integrare e rendere gli
individui partecipi e attivamente pronti a tutelare l'ambiente e lo
spazio virtuale che si crea attorno ad una struttura
territoriale riconosciuta come parte integrante del "se" collettivo,
capace di riconoscere come propria l'integrità e del gruppo e del territorio. A questo proposito sembrerebbe necessario
fondare un nuovo tipo di agglomerato, il gruppo aperto. Finora si è
conosciuto un solo tipo di gruppo, quello chiuso, capace, al contrario
di quello aperto, di provocare disastri ambientali a fronte di privilegi
per pochi, secondo il criterio infame secondo cui se produco un
beneficio a pochi a fronte di un disastro che dovranno pagare in molti
ho procurato un "lauto guadagno", una enorme differenza tra ricavi e
costi, per quei pochi. Gli esempi di gruppi chiusi vanno dal micro al
macro. Sono esempi di gruppi chiusi i soci di una srl, un club esclusivo
per soli miliardari, una istituzione finanziaria, una multinazionale, una ONG con lo scopo di creare "geopolitiche"...
Il gruppo aperto, che è pur sempre un
gruppo, si caratterizza per la messa in comune della conoscenza, del
cosiddetto "know-out" e per l'incondizionata disponibilità ad indicare
ad altri come costruire concretamente nuovi gruppi economici aperti,
prendendo esempio da quella meravigliosa esperienza che è il software
libero che può essere fatto rientrare tra ciò che è genuinamente
pubblico senza essere amministrato o creato o gestito da organi
dell'"esecutivo".
Un ultimo meccanismo necessario al corretto
funzionamento di una economia sana consiste nel prevedere che tutto ciò
che viene prodotto, a prescindere che si tratti di beni di consumo o di
investimento, deve essere "allocato" ex-ante.