Cuore di gatta.
Avevo tre gatte. ne è rimasta una sola, ed io ne ho la massima cura. È per questo che nemmeno mi avvicino. io
ero un ragazzaccio, quando una fattucchiera mi regalò una gatta. Le
avevo fatto un grosso favore. Volle darmela per forza. Io non la volevo.
Mi disse che era per sdebitarsi, che dovevo assolutamente accettarla.
"è un grosso dono. Usala bene. Trattala con cura, falla accoppiare il
più spesso possibile, deve fare tanti cuccioli, perchè, si sa, ogni
nuova vita significa aver cura della propria vita. Questo è vero in
particolar modo per questa razza... non la sterilizzare, mantienila
integra. Te la cedo a questa condizione".Io pensavo, allora, data l'inesperienza, volesse disfarsene, ed ero fermamente convinto di rifiutare.
Bip: "no grazie... come se avessi accettato.Non potrei proprio privarti di un animale a cui tieni così tanto... davvero... non saprei dove metterla, e poi, mamma, sono sicuro, non la vorrebbe".
Alla fine, non so bene perchè, accettai e promisi, soprattutto dopo averla vista. Me ne sentii subito particolarmente attratto. Apparentemente era una normale gatta. Perciò la chiamai "Micia". In realtà era di più, anche se me ne resi conto solo con il tempo. La fattucchiera nel consegnarmi la gatta mormorò, con un filo di voce appena udibile,: "pongo lei a protezione della tua vita". Pensai: "manie da fattucchiera". Mi era già comparso un "bozzetto", proprio sopra il capezzolo sinistro, e tanta angoscia o paura mi aveva procurato. Avevo fatto visite specialistiche, consultato luminari. La diagnosi era stata: "niente di preoccupante. Si tratta di una escrescenza fibroso-cistica al seno "sinistro" da tenere sotto controllo. È un inconveniente che normalmente riguarda le donne". Pensai amaramente:; "sarà il mio lato femminile che vuole emergere".
Effetti collaterali: tendeva ad ingrossarsi, e poi, ad un certo punto i linfonodi inguinali avevano cominciato a dolere.
Io, come piccola reazione inconscia, non ci avevo più badato. Altro che tenere sotto controllo, solo a pensarci avevo una fifa blu e poi se poteva rappresentare un problema perchè cazzo non lo avevano tolto? Era come guardarsi dentro una bara da morto in divenire. Era l'equivalente del: "pochi, maledetti e subito", cioè fatemi vivere la mia vita "corta e piena di merda" senza tante palle, poi i "resti" ve li potete spartire tranquillamente. Correvo talmente veloce, nella fuga, che per un certo periodo fui davvero imprendibile. Poi venne la gatta e non ebbi più problemi. Avevo legato con lei in modo davvero sorprendente. Dormiva sul mio petto, anzi, adesso ne sono più che mai convinto, vegliava il mio sonno ed io mi sentivo "rilassato e tranquillo" manco fossi "Fonzie". Era l'unico animale con cui dormivo! Con le femmine della mia specie facevo altro, ma mai finivo col dormirci, seguendo l'insegnamento "prima sei o sette di fretta e furia, e poi subito al bar a vantarsi con gli amici". Le femmine della mia specie mi rendevano teso e nervoso, come l'invito a cena da parte di un alieno. Lei invece diffondeva un'aura di benessere. Metteva il suo muso vicino al mio viso, qualche volta leccava il mio naso e poi dormivamo "ignari dei mali del mondo". La feci accoppiare e partorì 2 cuccioli, forse, per rispettare la volontà della fattucchiera, anche se devo dire che non ho onorato i suoi desideri fino in fondo. Ho mantenuto la gatta e i cuccioli sempre integri, però ho interrotto la catena della vita. Avrei dovuto "diffondere" i suoi cuccioli per il mondo, invece, per egoismo, li ho tenuti con me.
"Briciola" e "Golia" -due "gemelle siamesi"-
Gestire
tre gatte è un impegno gravoso, ed è per questo che non l'ho più fatta
figliare. Delle tre Briciola divenne la mia preferita e, per me lei
rimarrà sempre la mia gatta. Per lei avevo, e ancora ho, una
predilezione speciale.
Predilezione speciale per una gatta speciale. Non che trascurassi le altre, ma Briciola...
Comunque, e questa è ormai la mia convinzione, suffragata da "prove statistiche oggettive", benche trascurate, le mie gatte mi hanno sempre protetto.
La prima fu la Micia. Sviluppò un cancro alla mammella sinistra al posto mio. Infatti nel corso della sua breve vita, la mia piccola escrescenza fibroso cistica non si è minimamente sviluppata e non mi ha dato alcun fastidio. Lei, poverina, come in una specie di Ritratto di Dorian Gray "popolare", sviluppava un cancro al mio posto. Vedere una massa tumorale in crescita spaventa, soprattutto se c'è in corso un processo di immedesimazione. I bubboni crescevano e poi scoppiavano. Non servì a nulla il veterinario, anzi fu di impaccio e fu motivo di grande imbarazzo. Una volta disse: "...la tenga finchè può, la faccia vivere quanto più possibile... poverina". Aumentai le sue sofferenze. Venne sottoposta ad un intervento chirurgico, ma la massa tumorale accelerò il suo ritmo di crescita. Capii che era inutile continuare a infliggere sofferenze. Gli feci fare una iniezione letale, direttamente nel suo cuore di gatta speciale. Me ne stavo lì, piangendo come un imbecille, mentre una piccola macchia di sangue eccezionalmente scuro gli si spampanava sul petto. Con delicatezza la misi in una scatola di cartone per scarpe, soluzione che in futuro sarà adottata anche per noi immondizia umana, e la seppellii sotto un grande, bellissimo albero a pochi metri dalla mia abitazione.
Ogni tanto, ma non troppo frequentemente, passo di lì per un salutino, anche se mi sento un pò scemo, perchè una volta che qualcuno muore, si sa, è andato per sempre, e quello che rimane è solo interiorità nascosta nelle frattaglie del sistema nervoso centrale. Quel che è rimasto della Micia è stato inglobato in me e vivrà con me fino a quando anch'io morirò e tornerò, informe e indistinto, senza alcuna memoria e consapevolezza da dove sono venuto cioè dal niente. Un frammento di realtà muore, il resto torna a vivere come prima, secondo l'adagio: "chi muore tace, chi vive si dà pace", anche se non è esattamente così. Qualche cosa si modifica permanentemente. È l'aggiornamento della contabilità di chi viene a mancare. Rimane una piccola zona grigia perennemente addolorata. È come se l'atto della morte venisse trascritto in una specie di registro cimiteriale privato esclusivo. E quella zona sarà e rimarrà sempre perennemente in lutto. Non tornerà mai a sorridere finchè vivrò. Dover sotterrare qualcuno è faticoso e lascia ferite che continuano a sanguinare e non si rimarginano mai. Questa è la mia zona privata del dolore, del rimpianto e, quasi sempre, del rimorso. Mi ricordo sempre di qualche cosa che non avrei dovuto fare e di qualche altra che invece avrei dovuto assolutamente fare e mi stupisco sempre della profondità della cosa. Mi torna in mente tutto, ma proprio tutto, quello che ho sbagliato. È come un filo seppellito con cui ho legato avvenimenti, emozioni e interazione con chi non c'è più. Ad un tratto lo tendo, scuoto la terra e ritorna nuovo, mai logoro, intatto e completo, come fosse stato sempre presente. Ricordo cose e particolari insignificanti che credevo di avere perduto per sempre. È per via della "profondità" del cosiddetto 'animo umano'. Il filo dei ricordi mi porta sempre a ricordare qualche luogo dell'immaginario remoto e, probabilmente, il tutto ha un senso, solo che non so quale è.
Dopo la Micia toccò a Briciola. Una gatta fantastica. Senza età. Perennemente cucciola, minuta, accattivante, simpatica, indipendente. Una volta con un morso, mi procurò una ferita da sette punti di sutura... un ricordino. Non sembrava reale. Coda da bamby, zampe lunghissime, muscolatura talmente tonica da dare piacere al solo toccarla e carisma da capo. Era piccola, minuta, graziosa, ma egemonizzava l'altra gatta e mai avrebbe permesso a nessuno di sottometterla. Anche lei sviluppò un cancro alla mammella al posto mio, esattamente nello stesso punto. La feci operare precocemente, e anche in questo caso sbagliai. L'errore fu anche più grande. Era ancora solo un minuscolo bozzetto che dopo si riformò orrendamente ad una velocità quadrupla. Se non l'avessi fatta operare, probabilmente sarebbe durata di più. È stato per la legge dei grandi numeri. mi sono detto: "non voglio ripetere gli stessi errori della Micia. Se la prendo in tempo forse riesco a salvarla". Solo che quando giochi a mosca cieca o ai quattro cantoni con quel figlio di puttana del cancro, non hai modo di rimediare. Ogni mossa è definitiva e irrimediabile ed ogni più piccolo sbaglio è anche quello definitivo.
Qualcuno dice che i gatti hanno nove vite, ma io so per certo che non è vero..Questa volta però niente iniezione letale nel cuore. Non ho avuto il coraggio di portarla da quei loschi individui che chiamano veterrinari. La mancanza di coraggio, insieme ad una piccola, assurda, inconsistente, irraggiungibile, misera speranza, mi hanno impedito di fare ciò che sarebbe stato giusto. Ho prolungato, oltre il ragionevole, le sue sofferenze. È morta, lacera e con la sola pelle, perchè solo quella era rimasta, una sera di febbraio, risucchiata all'interno del suo personalissimo buco nero. L'ho messa in una borsa, ho atteso le ore piccole, poi, come un ladro, l'ho seppellita ai piedi di un giovane albero, in un posto dove, mi è stato assicurato, non sorgerà mai edificio. Ogni tanto ci passo, ma non mi fermo mai. Dopo la morte di briciola mi è venuto un nuovo bozzetto, sulla spalla, dalla stessa parte, quella sinistra, dove ho quella piccola escrescnza "fibroso-cistica". Secondo me è cancro. Finalmente ha iniziato a svilupparsi. Mi è rimasta una sola gatta, Golia, ma io mi guardo bene dall'accarezzarla. Non la guardo neppure. Non voglio che diventi la mia preferita, non voglio che sviluppi un cancro al posto mio.
Forse gli farò fare dei cuccioli, ma li darò via immediatamente, prima di affezionarmi... una razza tanto prodigiosa non deve estinguersi.
Predilezione speciale per una gatta speciale. Non che trascurassi le altre, ma Briciola...
Comunque, e questa è ormai la mia convinzione, suffragata da "prove statistiche oggettive", benche trascurate, le mie gatte mi hanno sempre protetto.
La prima fu la Micia. Sviluppò un cancro alla mammella sinistra al posto mio. Infatti nel corso della sua breve vita, la mia piccola escrescenza fibroso cistica non si è minimamente sviluppata e non mi ha dato alcun fastidio. Lei, poverina, come in una specie di Ritratto di Dorian Gray "popolare", sviluppava un cancro al mio posto. Vedere una massa tumorale in crescita spaventa, soprattutto se c'è in corso un processo di immedesimazione. I bubboni crescevano e poi scoppiavano. Non servì a nulla il veterinario, anzi fu di impaccio e fu motivo di grande imbarazzo. Una volta disse: "...la tenga finchè può, la faccia vivere quanto più possibile... poverina". Aumentai le sue sofferenze. Venne sottoposta ad un intervento chirurgico, ma la massa tumorale accelerò il suo ritmo di crescita. Capii che era inutile continuare a infliggere sofferenze. Gli feci fare una iniezione letale, direttamente nel suo cuore di gatta speciale. Me ne stavo lì, piangendo come un imbecille, mentre una piccola macchia di sangue eccezionalmente scuro gli si spampanava sul petto. Con delicatezza la misi in una scatola di cartone per scarpe, soluzione che in futuro sarà adottata anche per noi immondizia umana, e la seppellii sotto un grande, bellissimo albero a pochi metri dalla mia abitazione.
Ogni tanto, ma non troppo frequentemente, passo di lì per un salutino, anche se mi sento un pò scemo, perchè una volta che qualcuno muore, si sa, è andato per sempre, e quello che rimane è solo interiorità nascosta nelle frattaglie del sistema nervoso centrale. Quel che è rimasto della Micia è stato inglobato in me e vivrà con me fino a quando anch'io morirò e tornerò, informe e indistinto, senza alcuna memoria e consapevolezza da dove sono venuto cioè dal niente. Un frammento di realtà muore, il resto torna a vivere come prima, secondo l'adagio: "chi muore tace, chi vive si dà pace", anche se non è esattamente così. Qualche cosa si modifica permanentemente. È l'aggiornamento della contabilità di chi viene a mancare. Rimane una piccola zona grigia perennemente addolorata. È come se l'atto della morte venisse trascritto in una specie di registro cimiteriale privato esclusivo. E quella zona sarà e rimarrà sempre perennemente in lutto. Non tornerà mai a sorridere finchè vivrò. Dover sotterrare qualcuno è faticoso e lascia ferite che continuano a sanguinare e non si rimarginano mai. Questa è la mia zona privata del dolore, del rimpianto e, quasi sempre, del rimorso. Mi ricordo sempre di qualche cosa che non avrei dovuto fare e di qualche altra che invece avrei dovuto assolutamente fare e mi stupisco sempre della profondità della cosa. Mi torna in mente tutto, ma proprio tutto, quello che ho sbagliato. È come un filo seppellito con cui ho legato avvenimenti, emozioni e interazione con chi non c'è più. Ad un tratto lo tendo, scuoto la terra e ritorna nuovo, mai logoro, intatto e completo, come fosse stato sempre presente. Ricordo cose e particolari insignificanti che credevo di avere perduto per sempre. È per via della "profondità" del cosiddetto 'animo umano'. Il filo dei ricordi mi porta sempre a ricordare qualche luogo dell'immaginario remoto e, probabilmente, il tutto ha un senso, solo che non so quale è.
Dopo la Micia toccò a Briciola. Una gatta fantastica. Senza età. Perennemente cucciola, minuta, accattivante, simpatica, indipendente. Una volta con un morso, mi procurò una ferita da sette punti di sutura... un ricordino. Non sembrava reale. Coda da bamby, zampe lunghissime, muscolatura talmente tonica da dare piacere al solo toccarla e carisma da capo. Era piccola, minuta, graziosa, ma egemonizzava l'altra gatta e mai avrebbe permesso a nessuno di sottometterla. Anche lei sviluppò un cancro alla mammella al posto mio, esattamente nello stesso punto. La feci operare precocemente, e anche in questo caso sbagliai. L'errore fu anche più grande. Era ancora solo un minuscolo bozzetto che dopo si riformò orrendamente ad una velocità quadrupla. Se non l'avessi fatta operare, probabilmente sarebbe durata di più. È stato per la legge dei grandi numeri. mi sono detto: "non voglio ripetere gli stessi errori della Micia. Se la prendo in tempo forse riesco a salvarla". Solo che quando giochi a mosca cieca o ai quattro cantoni con quel figlio di puttana del cancro, non hai modo di rimediare. Ogni mossa è definitiva e irrimediabile ed ogni più piccolo sbaglio è anche quello definitivo.
Qualcuno dice che i gatti hanno nove vite, ma io so per certo che non è vero..Questa volta però niente iniezione letale nel cuore. Non ho avuto il coraggio di portarla da quei loschi individui che chiamano veterrinari. La mancanza di coraggio, insieme ad una piccola, assurda, inconsistente, irraggiungibile, misera speranza, mi hanno impedito di fare ciò che sarebbe stato giusto. Ho prolungato, oltre il ragionevole, le sue sofferenze. È morta, lacera e con la sola pelle, perchè solo quella era rimasta, una sera di febbraio, risucchiata all'interno del suo personalissimo buco nero. L'ho messa in una borsa, ho atteso le ore piccole, poi, come un ladro, l'ho seppellita ai piedi di un giovane albero, in un posto dove, mi è stato assicurato, non sorgerà mai edificio. Ogni tanto ci passo, ma non mi fermo mai. Dopo la morte di briciola mi è venuto un nuovo bozzetto, sulla spalla, dalla stessa parte, quella sinistra, dove ho quella piccola escrescnza "fibroso-cistica". Secondo me è cancro. Finalmente ha iniziato a svilupparsi. Mi è rimasta una sola gatta, Golia, ma io mi guardo bene dall'accarezzarla. Non la guardo neppure. Non voglio che diventi la mia preferita, non voglio che sviluppi un cancro al posto mio.
Forse gli farò fare dei cuccioli, ma li darò via immediatamente, prima di affezionarmi... una razza tanto prodigiosa non deve estinguersi.